Qualcuno si è accorto che nel mondo della moda va di moda il Sans Serif? Tutto ebbe inizio nel 2010, quando alcune maison iniziarono a pensare di rinfrescare i propri marchi e le proprie identità visive.
Yves Saint Laurent
Apripista come sempre Yves Saint Laurent, che per primo infilò una donna dentro uno smoking, era il 1981. Nel 2012 abbandona lo storico monogramma disegnato da Cassandre nel 1961, grazie a Hedi Slimane, appena nominato nuovo direttore creativo e si rivoluziona. Addio Yves, benvenuto Helvetica, banalissimo a detta di molti. Poveri stolti, è il re dei font!.
L’estetica del logo viene totalmente modificata, come il nome. Un richiamo alla nomenclatura originale “Saint Laurant Tive Gauche”. L’Helvetica fu disegnato proprio in quegli anni (‘60 e ridisegnato quest’anno). Criticatissimo in un primo momento, ha dimostrato, come storia della maison ci insegna, che essere precursori ripaga. Il restyling si è meritato infatti, il premio “Best Rebranding” di Wallpaper.
Balenciaga
Nel 2015 è Balenciaga a svelare il nuovo logo, ispirato alla chiarezza e alla leggibilità della segnaletica stradale. Il nuovo marchio è più compatto, stile neutro e progettato dall’azienda stessa. A stravolgere la sua identità è stato il volere di Demna Gvasalia, direttore creativo della maison. In quello stesso anno lo studio grafico Bureau Borsche realizza il nuovo sito, contribuendo all’affermazione dell’estetica norm-core che contraddistingue tuttora Balenciaga.
Calvin Klein
Nel febbraio del 2017 su Instagram, viene presentato e postato il nuovo logo di Calvin Klein. Tipografia rinnovata, viene descritta come ritorno allo spirito originale (originale Saint Laurent o Balenciaga?). Comunque, chi ha lanciato per primo la moda o chi ha scopiazzato chi, poco importa, perché dalla collaborazione tra il direttore creativo Raf Simons e il famoso designer (copertine dei Joy Division e New Order, per chi non lo sapesse) Peter Saville, nasce il nuovo marchio. Esteticamente richiama l’originale, ma meno vintage.
Burberry
Non bastava Yves Saint Laurent a sconvolgere le già stressanti vite delle fashion victims, ci si mette anche Burberry, a far prendere un coccolone a tutti! Addio stemma, chissà in quale giostra sei fuggito cavaliere, che te ne stavi lì dal 1901. Il rebranding più radicale e controverso degli ultimi anni. Qualcuno non si è ancora ripreso.
Il logo passa da un elegante serif, invariato da 20 anni, a un sans serif geometrico, dalle forme nette e senza Cavaliere Equestre. Anche qui lo zampino di Peter Saville, che insieme al direttore creativo Riccardo Tisci, creano anche un monogramma, dedicato al fondatore Thomas Burberry, da utilizzare principalmente come pattern.
Celine
Maison del mio cuore, che conosco bene, avendoci lavorato. Se Saint Laurent infilò la donna nello smoking, Céline Vipiana la infilò dentro il mocassino, dal tacco piatto. Ma tornando al logo: fedele alla sua philosophy, in pieno snobismo francese, le rivoluzioni vanno lasciate al popolo, giusto una riduzione del kerning (spazio in eccesso tra le lettere) e addio all’accento sulla é. Secondo la maison, come precisato su Instagram, l’accento è stato abbandonato per una questione di equilibrio, la tipografia si ispira direttamente al logotipo utilizzato negli anni ‘60”.
Io strano caso di Zara
L’eccezione che conferma la regola è rappresentata dal rebranding di Zara. Presentato nel gennaio del 2019, mantiene lo stesso stile del precedente, disegnato nel 2011 e cambia totalmente la spaziatura tra le lettere, anzi la elimina proprio. Critiche come se piovesse, dai professionisti del settore e da una miriade di grafici indignati: “Cos’è quel guazzabuglio di forme confuse?”.
Ma in sostanza cos’è successo nel mondo della moda? Se omologare gli abiti è ancora considerato oltraggio, per i loghi non vige la stessa regola. Un bel problema per chi è dislessico, riconoscere un’etichetta! Sono tutte uguali? In realtà no, la tendenza e l’esigenza dei direttori creativi è dovuta a motivazioni tecniche e sociali.
A livello tecnico il concetto di logo negli ultimi 50 anni è cambiato, si è evoluto. Il logo è diventato un contenitore, neutro e poco caratterizzato. I nuovi media e i social, anche qui, hanno dettato le nuove regole del gioco. La visibilità esige chiarezza e leggibilità, il digitale ha bisogno dello Sans Serif.
Le ragioni sociali sono dettate dal trend stilistico di rompere con il passato. Una volontà scritta chiara e leggibile, in Sans Serif pure questa! La rottura con il passato si traduce visivamente nell’adozione di tipografia geometrica, modernista e senza fronzoli. I presupposti della rivoluzione sono basati su buone intenzioni, ma il rischio è quello di creare un mondo di marchi tutti uguali. Speriamo non adottino la stessa policy per le borse!